Oggi, 76 anni fa, George Orwell dava alle stampe il primo dei suoi due indiscussi e intramontabili capolavori: La fattoria degli animali (1984 uscirà 4 anni dopo). Collocandosi nel filone della narrativa satirica, La fattoria degli animali è un’analisi allegorica dei fatti che portarono alla nascita dell’ URSS e alla dittatura stalinista.
Trama
Gli animali della fattoria, stufi del dominio dell’uomo, si ribellano per poter godere in maniera equa dei frutti del proprio lavoro. La rivoluzione è sobillata dai maiali, che ne assumono il comando. Una volta eliminato l’uomo, gli animali della fattoria si trovano però sotto il giogo di una casta di burocrati insensibili e sfruttatori, quegli stessi maiali che avevano caldeggiato la rivoluzione. Essi assumeranno gli stessi vizi che avevano imputato alla precedente classe dirigente, quella umana, tradendo quegli stessi ideali di giustizia sociale e uguaglianza che erano alle basi della loro rivoluzione.
La satira è chiara e impietosa.
Il fatto che Orwell si riferisse specificatamente all’Unione Sovietica non toglie che il comportamento assunto dai maiali e la svolta liberticida presa dalla trama siano un accurata analisi di quello che accade a praticamente qualsiasi gruppo umano nella storia abbia cercato o sia riuscito a prendere il controllo: gli ideali abbandonati in favore di una sempre più comoda fruizione del potere.
Questo viene ben esemplificato dalle ‘massime’ contenute nel romanzo, ovvero i motti a cui gli animali si ispirano per compiere le loro rivoluzionarie azioni.
«Tutti gli animali sono uguali» diventerà ben presto «tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri»; alla regola «nessun animale dormirà in un letto» sarà presto aggiunta la specifica «con le lenzuola» e i comandamento «nessun animale ucciderà un altro animale» verrà compendiato in «nessun animale ucciderà un altro animale senza motivo» a indicare in maniera semplice e diretta la capacità che ha il potere di corrompere chi lo detiene fino a trasformarlo esattamente in ciò che si era giurato di non diventare mai.
Un testo forse oggi non più tanto sorprendente come nel 1945, ma che comunque dovrebbe trovare posto, insieme a 1984, nella formazione di ognuno di noi.
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